CAPITALE ITALIANA DELLA CULTURA 2025

La Capitale Italiana della Cultura 2025 non urla la sua bellezza, la sussurra. I templi dorici che raccontano storie millenarie, i vicoli che si arrampicano verso il cielo e una cattedrale che custodisce secoli di speranze e lotta: Agrigento si rivela con grazia. Non perfetta, ma autentica, è un invito a fermarsi, ascoltare e lasciarsi sorprendere dalla sua anima senza tempo.

NICOLA FERRANTE

Ci sono luoghi e città nel Bel Paese che sembrano gridarti addosso la loro bellezza, peraltro meritata, e poi c’è Agrigento, una città che ti parla piano, come se volesse essere scoperta un po’ alla volta, senza fretta. Ed è proprio così. L’antica Akragas, è una città che non ti cattura subito con grandi facciate barocche o piazze affollate, ti avvolge, come una storia che inizia sottovoce e ti sorprende ma solo alla fine. Io ci sono arrivato senza grandi aspettative, pensando che avrei visto la Valle dei Templi, fatto qualche foto e poi proseguito il mio cammino. 

Ed invece, la prima volta che ho visto la Valle dei Templi, non è stato un semplice “vedere”, ma qualcosa di più. Sarà stato l’incanto di quel cielo terso che sembrava infinito, il vento caldo che portava con sé il profumo della terra, e davanti a me, quelle colonne che hanno resistito al tempo, ma il miracolo c’è stato. Il Tempio della Concordia (Tempio F), in particolare, mi ha tolto il fiato. Non è solo maestoso, è vivo. Le sue colonne doriche sembrano raccontarti di una civiltà che credeva nella bellezza come un valore eterno. Ma quello che mi ha più colpito è il Tempio di Giunone (Tempio D), che svetta come un guardiano severo su quella distesa di ulivi e mandorli. E poi c’è il Tempio di Eracle (Tempio A), che conserva qualcosa di struggente nella sua incompiutezza. Non perfetto, eppure indimenticabile. Chi c’è stato ha senza dubbio vissuto il crepuscolo, quando le pietre si tingono d’oro, si avverte come la sensazione di essere immerso in un’altra epoca come se il tempo si fosse fermato.

Eppure Agrigento non è solo la Valle. Il centro storico, fatto di vicoli che si arrampicano sul colle come se volessero toccare il cielo, è un piccolo gioiello. Bellissima la Cattedrale di San Gerlando, che non colpisce tanto per l’ostentazione, ma per la sua quieta eleganza. La Cattedrale è dedicata al suo primo Vescovo, il suo è un mix di stili normanno, gotico e barocco, è il cuore pulsante di Agrigento. Un edificio che racconta la storia della città e delle sue genti, un luogo di preghiera e di raccoglimento, ma anche di lotta e di speranza. Durante le invasioni arabe, le guerre tra normanni e bizantini, e le varie dominazioni successive (fra cui quelle spagnole), la cattedrale ha visto passare periodi di grande instabilità. La sua posizione strategica l’ha resa spesso oggetto di contesa, ma al tempo stesso un punto di resistenza e di identità per la popolazione locale. Nel corso dei secoli, la Cattedrale di San Gerlando è stata testimone di numerosi eventi storici, tra cui le lotte per l’indipendenza e la libertà durante il Risorgimento, quando la Sicilia si trovava al centro di movimenti di liberazione contro il dominio straniero. 

Quest’anno, Agrigento è Capitale Italiana della Cultura, ed è un titolo giusto e necessario. Giusto perché la sua storia è grandiosa, necessario perché deve essere conosciuta dal grande turismo. Non perché sia perfetta, ma perché è autentica. È una città che non ha bisogno di ostentare la sua bellezza, ed è nelle sue pieghe, nei suoi silenzi, nelle sue ombre che si trova il suo vero fascino.

Se decidete di andarci, vi consiglio solo una cosa: prendete il vostro tempo. Lasciate che sia Agrigento a trovarvi, un po’ alla volta. Perché, credimi, è così che ti rimarrà nel cuore.

N.F