“Una bella nevicata copre tutte le panchine, copre i sentieri, non ci sono i fiori, le rose, niente. È il giardino d’inverno, come quelli di San Pietroburgo, dove il colore è uno solo, bianco. Ma è bello anche così: il silenzio, la neve – e la campana che suona l’ora, forse è l’ora di bere il tè – fanno raccogliere la gente nei suoi pensieri”. Così Mario Rigoni Stern, che Primo Levi definì “uno dei più grandi scrittori italiani”, descrive l’altopiano d’Asiago, la sua terra, d’inverno, nel film documentario “Alpini – Terre d’un homme”del regista Jean François Neplaz.
La terra è l’altopiano di Asiago, detto anche dei Sette Comuni, perché prima dell’arrivo di Napoleone quell’area era una federazione autonoma, la Spettabile Reggenza dei Sette Comuni. Oltre 47mila ettari, di cui circa il 67 per cento occupato da boschi. Tra antichi larici e ampi pascoli in alcuni punti – come nella località Mezzaselva, comune di Roana, nel vicentino – vive ancora la minoranza etnica dei Cimbri. Un popolo le cui origini sono avvolte nel mistero: c’è chi – come il latinista Natale dalle Laste, morto a Marostica dopo 88 anni di vita dedicati allo studio – ritiene che discendano dall’omonima popolazione che nel II secolo a. C. discese dalla penisola danese dello Jutland verso sud. Secondo altri provengono dai coloni germanici chiamati dai feudatari, tra il X e il XII secolo, a popolare l’altopiano, per dedicarsi al bosco, all’allevamento e all’agricoltura. Storici e linguisti oggi continuano a interrogarsi, ma è certo che la lingua cimbra lascia tracce ben visibili in alcune espressioni colloquiali e nella toponomastica: ciascuna delle otto cittadine che oggi sorgono sull’altopiano (Asiago, Lusiana, Enego, Rotzo, Gallio, Foza e Conco) ha infatti un diverso nome in cimbro, e non di rado accade lo stesso per strade e frazioni.