Il 10 luglio 1943 gli Alleati sbarcarono in Sicilia: per il fascismo fu l’inizio della fine (ma con qualche lato oscuro).
“Quando sbarcheremo di fronte al nemico, non esitate a colpirlo. […] Non mostreremo pietà.[…] Il bastardo cesserà di vivere. Avremo la nomea di assassini…E gli assassini sono immortali”. È così che il generale americano George Smith Patton aizzò nel luglio del 1943 i suoi uomini alla vigilia dello sbarco alleato in Sicilia, dove per la cronaca, i bastardi da colpire erano i soldati italiani. La guerra è guerra, si sa. Ma il discorsetto motivazionale redatto dal “generale d’acciaio” – questo il soprannome di Patton, che amava girare con un cinturone da cowboy da cui pendevano due luccicanti Colt calibro 45 – funzionò anche troppo. Tanto che alcuni soldati a stelle e strisce, inebriati da quelle parole di fuoco, estesero il concetto di nemico anche ai civili. Così l’Operazione Husky (il nome in codice dato allo sbarco alleato) liberò sì l’isola dal nazi-fascismo, ma al prezzo di una lunga serie di crimini di guerra.