Lo sappiamo: tutto ciò che rimanda alla faccia o alla facciata, all’esteriorità, all’apparire è di primaria importanza nella cultura italiana.
Se in altre parti del mondo la sostanza ha spesso la precedenza e l’aspetto esteriore è considerato utile ma secondario, da noi invece la rappresentazione è importante quanto la realtà, anzi molte volte anche di più. Ecco un percorso alla scoperta di questa maniera d’essere molto italiana.
Negli anni ’60, molte famiglie italiane si scoprirono in grado, per la prima volta dopo generazioni e forse da sempre, di fare un acquisto che non fosse un investimento studiato per mesi: il benessere era arrivato fino a loro, sfiorandoli come una mano santa. Le statistiche dell’epoca ci raccontano i primi acquisti delle famiglie del boom economico, la loro corsa agli orologi da polso, vistosi e ingombranti, ai televisori da piazzare in salotto e, per i più fortunati, le prime automobili da parcheggiare nel cortile comune.Spiegare questa scelta con la leggerezza del consumo o attraverso una sorta di rivincita sulla Storia andrebbe bene altrove, ma non sarebbe sufficiente in Italia, dove la società e la storia hanno intrecciato un rapporto complesso e dato vita ad attitudini e costumi che appaiono inspiegabili agli occhi di chi vive oltre i confini nazionali.
Francesca Vinciguerra/Illustrazioni: Umberto Grati
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Née en 1991 à Lanciano, Francesca Vinciguerra a récemment obtenu son diplôme en littératures française et européenne dans les universités de Turin et de Chambéry, avec un mémoire en littérature post-coloniale française. Depuis septembre 2016, elle vit à Toulouse, ville où elle a entrepris une collaboration avec la revue RADICI et a terminé un service civique avec l’association de musique baroque Ensemble baroque de Toulouse.