Sono troppe per essere nominate tutte, ma tra le brigantesse ribelli italiane vale la pena ricordare una delle prime ad aver imbracciato il fucile: Francesca La Gamba di Palmi, vicino a Reggio Calabria, vedova quasi quarantenne che, nei dieci anni di occupazione francese (1806-1816) del Regno delle due Sicilie, divenne capobanda. La spinse la sete di vendetta nei confronti di un ufficiale che, da lei rifiutato, aveva fucilato i suoi tre figli. Quando il francese cadde in un’imboscata, con una coltellata Francesca gli aprì il petto, gli strappò il cuore e, si dice, se lo mangiò. Maria Capitanio, invece, si lasciò vincere dall’amore: figlia di un ricco proprietario terriero, a 15 anni si innamorò del brigante Antonio Luongo. Si unì a lui nei boschi, ma quando la banda venne sgominata e Antonio fu ucciso, Maria preferì suicidarsi ingoiando del vetro piuttosto che continuare a vivere senza il suo uomo. Meno sentimentale Filomena Pennacchio, figlia di un macellaio dell’Irpinia, che dal capobanda lucano Giuseppe Schiavone, uno dei più temibili briganti, aspettava un figlio: quando lui venne arrestato e messo a morte, lei decise di collaborare con la giustizia in cambio di uno sconto di pena. Condannata a 20 anni di carcere, dopo sette se ne tornò a casa. Da casa invece fu costretta ad andarsene Maria Rosa Marinelli, contadina di Marsicotevere, in Basilicata, ceduta suo malgrado al brigante lucano Angelantonio Masini. Ne fu l’amante dal 1862 al 1864, quando Masini fu ucciso. Lei si costituì, scontò 4 anni di carcere e poi tornò al suo paese, dove poté risposarsi e rifarsi una nuova vita.
Ciccilla et autres compagnes d’armes
Maria Leonarda Leone
