Il Papa la sua opinione l’ha fatta conoscere da tempo: per assistere spiritualmente i soldati, in caserma e nelle missioni all’estero, non servono sacerdoti coi gradi. Sarebbe potuto andare anche più lontano chiedendosi se servono sacerdoti tout court. Ma nell’Italia che ha rinunciato al buonsenso, l’assimilazione dei cappellani militari a ufficiali delle Forze armate in virtù di una legge del 1961 è intoccabile. Difficile da capire perché. Sacerdoti-colonnello, sacerdoti-tenente o capitano che possono aspirare a diventare generali e hanno diritto a retribuzioni dorate, indennità di ogni tipo, avanzamenti automatici di carriera e una serie di benefit assai lontani dall’idea della Chiesa tanto cara a Bergoglio, ma soprattutto al Vangelo.
È questo “miscuglio”, metà religioso e metà temporale, che infastidisce. Il cappellano, infatti, fa parte a tutti gli effetti dello Stato italiano, ha rapporti diretti con il Quirinale (residenza del Presidente della Repubblica, ndr) che li nomina, il ministro della Difesa e il potere politico. Un mondo che è un trampolino per fulgide carriere.