Il fondatore di Slow Food, Carlo Petrini, boccia l’Esposizione Universale e promette: «A ottobre ci penseranno i miei contadini a ricordare le cose importanti».
Nel 1989, lui figlio di un’ortolana cattolica e di un ferroviere comunista, ha fondato l’associazione Slow Food, movimento internazionale sostenitore di un’agricoltura compatibile e sostenibile, per dar voce anche ai piccoli troppo spesso, a suo dire, zittiti dalla grande industria alimentare. Da allora a oggi Carlo Petrini, “Carlin”, è stato (anche) inserito nella lista delle cinquanta persone in grado di salvare il mondo e proposto come ministro di un ipotetico Governo, facendo sempre parlare di sé. Così come all’Expo di Milano, dove Slow Food è presente con tre padiglioni “semplici, modulari e di legno”, progettati dallo svizzero Jacques Herzog. E dove RADICI lo ha intervistato per fare il punto sull’Esposizione universale e sulla situazione del nostro pianeta.
Le sta piacendo Expo? Ha “l’anima” che lei sperava avesse?
Non tanto. Si poteva fare molto di più, specialmente per far conoscere oppure approfondire le tematiche veramente importanti: i valori della terra e l’uso intelligente delle risorse. Tematiche che riguardano il sistema alimentare attuale, che sta creando sofferenze in tutto il mondo. Expo è invece una grande fiera, un’ostentazione di padiglioni e di architetture che presta grande attenzione ai milioni di turisti arrivati a visitarlo ma non ai veri protagonisti, i contadini, che qui non ci sono.
Quindi è un’Expo senz’anima?
Abbastanza.
Perché allora avete deciso di partecipare?
Perché, come mi ha detto una volta un contadino del Marocco, una sedia vuota non paga mai. Siamo qui per conversare e confrontarci sui contenuti che dovevano essere a nostro parere al centro di Expo. Per presentare le nostre idee.
Qual era la vostra idea di Expo?
Fare cultura e mostrare cultura, ad esempio raccontando ai bambini come nascono i cibi. Da dove arriva il cacao, come viene lavorato. Invece è stata scelta un’altra strada e a me sembra che oggi quest’evento sia soltanto un’occasione sprecata.
Biagio Picardi
Nato a Lagonegro, un paesino della Basilicata, e laureato in Scienze della Comunicazione, vive a Milano. Oltre che per Radici attualmente scrive per Focus Storia e per TeleSette e realizza gli speciali biografici Gli Album di Grand Hotel. In precedenza è stato, tra gli altri, caporedattore delle riviste Vero, Stop ed Eurocalcio e ha scritto anche per Playboy e Maxim. Nella sua carriera ha intervistato in esclusiva personaggi come Giulio Andreotti, Alda Merini, Marcello Lippi, Giorgio Bocca e Steve McCurry.