Pare che il cognomen (cioè il terzo nome) di Marco Tullio Cicerone (I secolo a.C.), il celebre retore romano noto per le sue orazioni in difesa della repubblica, avesse origini tutt’altro che gloriose, nonostante lui discendesse da un’agiata famiglia dell’ordine equestre. Si chiamava così perché un suo avo aveva sul naso una protuberanza molliccia a forma di cece, in latino cicer. Da qui, Cicerone. Il cognome procurò al piccolo Marco Tullio facili canzonature da parte dei coetanei. E, anche per smarcarsi da queste derisioni, fin da bambino puntò presto a un ruolo di primo della classe: divenne studiosissimo, diligentissimo, uno da dieci in condotta, per intenderci.
La sua vocazione per l’arte oratoria emerse altrettanto in fretta: spesso capitava di vederlo, ancora ragazzino, tener banco in mezzo a un cerchio di adulti sciorinando la sua erudizione. Questa “palestra” lo rinforzò per gli anni successivi, quando ricoprì un ruolo di primo piano nel mondo politico. Dopo aver smascherato con le celebri Catilinarie il tentativo eversivo del senatore Lucio Sergio Catilina e essersi meritato l’appellativo di pater patriae, ebbe un ruolo di rilievo tra gli optimates difendendo una repubblica giunta ormai al capolinea, destinata a trasformarsi in principato e impero di fatto.