Il luogo della narrazione è una componente fondamentale nella realizzazione di un film. E la Basilicata offre al mondo del cinema non semplici location ma luoghi dotati di anima e cuore.
La Basilicata (e particolarmente Matera) ha « prestato » al cinema molti luoghi. Ma non possono essere considerati semplici scenari: sono qualcosa di più, come hanno capito gli autori e i registi più sensibili e colti. Tutti i biografi di Pier Paolo Pasolini sono concordi nell’affermare che la scelta di ambientare Il Vangelo secondo Matteo (1964) cadde su Matera non solo perché corrispondeva a una certa idea di Gerusalemme, ma perché era ben rappresentativa del contesto socioeconomico del Meridione d’Italia negli anni Sessanta. Inizialmente il regista aveva pensato di girare il film in Palestina, ma poi ha collocato le scene più importanti proprio nei Sassi (che nella finzione cinematografica diventarono la Gerusalemme della predicazione evangelica e della Via Crucis) e nella Murgia materana (che divenne il luogo della crocifissione e della resurrezione del Cristo).
Quarant’anni più tardi, dopo aver finito di girare nel Vulture lo non ho paura (L’Été où j’ai grandi, 2003), il regista Gabriele Salvatores definì il territorio di Melfi un luogo dell’anima e lo scenario perfetto per incarnare Acqua Traverse, l’immaginaria località descritta da Niccolò Ammaniti nell’omonimo romanzo cui il film si ispirava. Prima ancora che paesaggi, quelli lucani sono luoghi della storia dell’uomo, della memoria, della civiltà contadina. Negli ultimi anni, insieme alla riproposizione di vecchi clichés, è riscontrabile questo nuovo modo di intendere il paesaggio lucano e, allontanato lo sguardo dai problemi sociali della regione, emerge un’interpretazione molto più intima, introspettiva, che presenta la Basilicata proprio come un luogo dell’anima.
DALLE STREGHE (LE « MACIARE ») A WONDER WOMAN
La cinematografia « lucana » ha compiuto i primi passi con i documentari antropologici che, facendo seguito alle spedizioni etnografiche organizzate da Ernesto De Martino, hanno raccontato negli anni Cinquanta e Sessanta del secolo scorso i riti e le superstizioni del Sud, ambientandoli principalmente in Basilicata. Alcune di queste opere sono divenute dei classici dell’antropologia visuale, segnando la fase fondativa del cinema documentaristico italiano, a partire dal primo cortometraggio del 1950, a opera di Carlo Lizzani, dall’emblematico titolo Nel Mezzogiorno qualcosa è cambiato. Una prima rappresentazione cinematografica del paesaggio lucano è stata dunque caratterizzata da una vocazione realista, figlia della riflessione intellettuale sulla questione meridionale, che ha messo al centro la condizione di miseria della Basilicata (« Terra oscura senza peccato e senza redenzione », nella definizione di Carlo Levi in Cristo si è fermato a Eboli) mostrando il netto divario tra l’arretratezza della terra lucana e il boom economico vissuto da altre zone d’Italia. Successivamente, nella finzione scenica, la Basilicata è stata trasformata nella Sicilia de L’uomo delle stelle di Giuseppe Tornatore (1995), nella Spagna de L’albero di Guernica di Fernando Arrabal (1975), nella Grecia di A porte chiuse di Dino Risi (1961). Fino a diventare l’isola di Themyscira delle Amazzoni di Wonder Woman (2017) che, grazie agli effetti speciali ottenuti in post-produzione, mostra Matera circondata dal mare, con le falesie sulla baia e con la chiesa di San Pietro Caveoso visibile chiaramente in alcune scene.
IL FILONE BIBLICO
Innumerevoli sono poi i film che si sono avvalsi della particolare conformazione dei Sassi di Matera per rendere la Gerusalemme o la Palestina del tempo di Cristo o dell’Antico testamento. Vent’anni dopo il Gesù di Pasolini, Matera divenne lo scenario principale della vita di re Davide, impersonato da Richard Gere (King David, 1985), anche se il film non ottenne al botteghino il successo sperato. Dopo altri vent’anni, fu Mel Gibson a scegliere gli stessi luoghi per ambientarvi La passione di Cristo (2004), consacrandone definitivamente la particolare atmosfera mistica già caratteristica dei Sassi spopolati e della desolata Murgia materana, al punto da poter parlare, da quel momento in poi, di « paesaggio religioso materano ». Il filone biblico è proseguito con altri numerosi lungometraggi di produzione prevalentemente americana. A cominciare da Mary di Abel Ferrara, girato solo l’anno dopo il film di Gibson, continuando con Nativity del 2006, Ben-Hur (il remake) e The Young Messiah (mai uscito in Italia) del 2016, fino ad arrivare a Maria Maddalena del 2018.
QUELLO CHE IL CINEMA PUÒ FARE
Con il controverso colossal di Gibson si è attivato un fenomeno spontaneo di turismo filmico internazionale, anche se la definitiva consacrazione cineturistica lucana è avvenuta con l’efficace operazione di fusione tra narrazione cinematografica e marketing territoriale di Basilicata coast to coast di Rocco Papaleo (2010), con Alessandro Gassmann, Giovanna Mezzogiorno e un inedito Max Gazzè in veste di attore. Al punto che tuttora, soprattutto d’estate, sono numerosi i gruppi che in 5-6 giorni percorrono lentamente, a piedi o in bicicletta, le zone interne della Basilicata andando dalla costa tirrenica a quella jonica, o viceversa, non necessariamente seguendo esattamente il percorso proposto nel film. Una considerazione va fatta, infine, sulle ricadute economiche che la presenza di troupe cinematografiche genera sul territorio con la richiesta di beni e servizi: il vitto e l’alloggio per operatori e cast, il noleggio e l’acquisto di strumentazioni tecniche e costumi, la costruzione di scenografie e l’affitto di luoghi dove ambientare le scene. Nel caso di produzioni internazionali, che muovono troupe molto consistenti, la principale spesa riguarda il settore ricettivo e ristorativo. Si pensi che il rifacimento nel 2016 di Ben-Hur, prodotto dalla casa cinematografica americana Metro-Goldwyn-Mayer, è stato girato a Matera impegnando per 4 settimane 124 troupe e 533 comparse. Per Wonder Woman, prodotto l’anno dopo dalla Warner Bros, le riprese a Matera sono durate una settimana e hanno richiesto 68 troupe e 29 figurazioni speciali.
Neanche James Bond ha perso l’occasione di apparire a Matera. No time to die, l’ultimo colossal – e che colossal – ad essere stato girato in parte nella città nel 2019, si apre con 18 minuti ambientati a Matera, con un inseguimento spettacolare tra le stradine strette e scoscese della città. 12 milioni di euro di budget per le città italiane scelte per le riprese (Matera, Maratea, Sapri e Gravina in Puglia), 600 persone accolte a Matera per 6 settimane e 800 abitanti della città impiegati per la costruzione di 32 set cinematografici. Cifre da capogiro per una città di 60.000 abitanti. Incredibile coronamento, per Matera, di un anno trascorso da capitale europea della cultura.