Era chiaro, dopo il successo alle ultime elezioni, che il Movimento 5 Stelle, che si presenta come una rivoluzione nel panorama politico italiano sarebbe stato sotto stretta sorveglianza da parte di tutti. E non si tratta soltanto della stampa e degli altri media (che in ogni caso sono visti con sospetto dai militanti grillini, in quanto portavoce della « vecchia politica »), ma anche da tanti cittadini in buona fede che vogliono capire cosa intende fare il primo partito italiano ora che è entrato in Parlamento. Perché, se Grillo ha fatto della trasparenza e della partecipazione digitale il suo cavallo di battaglia, questo vale tanto per i suoi sostenitori che per gli altri. Ecco perché, non appena è stato comunicato il nome di Roberta Lombardi come capogruppo (che loro chiamano « portavoce ») del Movimento alla Camera, è stato rispolverato un post pubblicato sul suo blog in gennaio, in cui sembrava dare un giudizio « morbido » sul fascismo, che, come lei scrive, « prima che degenerasse aveva una dimensione nazionale di comunità attinta a piene mani dal socialismo, un altissimo senso dello stato e la tutela della famiglia« .
E’ bene ricordare, poi, che questo post faceva riferimento ad una discussione che Beppe Grillo aveva avuto con alcuni rappresentanti del movimento filo-fascista CasaPound, in cui diceva, in sostanza, che l’appartenenza ai due movimenti non era incompatibile (il filmato della discussione è disponibile qui). Naturalmente, la neoportavoce si è sentita in dovere di rispondere alle accuse di simpatie fasciste con un post eloquentemente intitolato Filofascista a chi?, illustrato con la copertina della Costituzione italiana, che in Italia è ancora simbolo di antifascismo doc.
Ho l’impressione, però che, come si dice, la toppa sia peggio del buco, e che lo sia per motivi intrinseci al pensiero grillino e alla modalità in cui si svolge la sua, diciamo così, elaborazione politica e intellettuale. Prima di sviluppare questo argomento, però, vorrei fare un’altra osservazione: in Italia parlare di fascismo e di antifascismo è ancora estremamente delicato, ad un livello tale che è forse difficile da capire per chi non è italiano (nonostante anche altri popoli, come i francesi, abbiano anch’essi qualche difficoltà a fare i conti con il loro passato). La Repubblica italiana si è esplicitamente costruita sull’antifascismo ed è solo da una decina d’anni a questa parte – ormai che i protagonisti del fascismo e della guerra sono praticamente tutti scomparsi – che l’argomento ha smesso di essere tabù, ma evidentemente le premesse per una vera « riconciliazione » mancano ancora. E mancano, certamente, perché eccessi ce ne sono stati da una parte e dall’altra. Basti pensare, ad esempio, che nei primi anni Novanta l’uso dell’etichetta « guerra civile » per la Resistenza (oggi abbastanza consensuale) da parte dello storico « di sinistra » Claudio Pavone suscitò enormi polemiche. Eppure, non è necessariamente la superficialità la chiave per uscire da queste diatribe storiche.
E qui torniamo alla blogger-portavoce grillina. Facendo però un passo indietro, e cioè alla sera del 10 gennaio, al momento del deposito dei simboli elettorali al Ministero dell’Interno, quando Grillo, incalzato dai militanti di CasaPound sui suoi sentimenti antifascisti, dice che « questo problema non lo compete ». Il superamento della dicotomia destra / sinistra (per molti versi condivisibile) è uno dei leitmotiv dei 5 Stelle, e infatti è diventata la loro risposta standard anche in questo affaire. Non a caso, la Lombardi diceva nel suo blog che « sono 30 anni che fascismo e comunismo in Italia non esistono più ». A onor di verità, dobbiamo anche dire che Grillo ha poi fatto una semi-marcia indietro, dicendo che un fascista e un violento non hanno posto nel suo movimento, ma la frittata era fatta, e la sua militante della prima ora insiste. Il problema è che, a forza di voler rompere tutti i tabù, si rischia, come si dice, di farla fuori dal vaso.
E, temo, è stato Grillo stesso a gettare le basi di questa tendenza. Perché lui, per quanto focoso e impulsivo, è una persona sicuramente preparata su tanti argomenti. Tuttavia, il suo movimento si basa interamente sulla « democrazia orizzontale » e la partecipazione attiva di tutti al dibattito e alle decisioni. In sé si tratta di cose estremamente positive, ma il confine tra di esse e quello che io chiamo il « condivisionismo », ossia la tendenza a far passare qualsiasi messaggio su Internet senza verificarne la veridicità o anche solo l’interesse è labile, e si rischia di entrare presto nell’elogio della superficialità. Rischio nel quale, se posso, la neodeputata grillina è caduta in pieno. Innanzitutto, io abolirei dall’italiano l’espressione « frase estrapolata dal contesto » che lei, immancabilmente, utilizza nella prima riga del suo post di precisazione, segno che la comunicazione grillina più si scende verso la base meno si distingue da quella degli altri politici.
Dopodiché in 10 (dieci!) righe e 99 parole ci fornisce quella che definisce un' »analisi » del fascismo, che invito ad andare a leggere per intero, nel quale difende il primissimo programma politico dei Fasci di combattimento del 1919 « basato su voto alle donne, elezioni e altre riforme sociali che sembravano prettamente socialiste rivoluzionarie e non certamente il preludio di una futura dittatura ». (Si noti, en passant, che, come fonte, non viene citato nessun libro o articolo storico, ma viene linkato il sito di un’associazione, che riporta a sua volta il programma senza citare alcuna fonte). Ora, nessuno di noi avrebbe preteso un’approfondita analisi storiografica sul fascismo e le sue origini, né che la neodeputata grillina perdesse il suo tempo andando a consultare quelle che già esistono. Io stesso non sono un esperto in materia, e sono dovuto andare a leggermi qualche libro per documentarmi, ma sarebbe stato anche sufficiente andare a consultare Wikipedia (nuovo totem della comunicazione digitale, citato fino alla nausea almeno dai grillini che conosco io) per scoprire, ad esempio, che il 15 aprile 1919 (un mese e mezzo prima della pubblicazione sul Popolo d’Italia – perché una fonte esiste – del programma che tanto piace alla Lombardi) i Fasci di combattimento avevano già partecipato alla distruzione della sede del giornale socialista l’Avanti!, o che nel settembre dello stesso anno Mussolini contribuì a finanziare il governo di D’Annunzio a Fiume.
Insomma, la strategia del leader mi sembra abbastanza chiara, derubricare a questioni di poco conto quello che non interessa (un’analisi approfondita della storia d’Italia) o addirittura infastidisce (la questione della democrazia interna al movimento, ad esempio). Armi, però, che in mani meno esperte delle sue diventano presto un alibi per giustificare qualsiasi superficialità e incompetenza, il che, unito all’arroganza dei vincitori, fa un effetto piuttosto fastidioso. Sarebbe stato meglio, per lei e per la credibilità del suo partito, che la blogger-deputata avesse ammesso di aver detto un’idiozia per superficialità, invece di impegolarsi sempre di più in spiegazioni che non stanno in piedi. Altrimenti, di partiti che mandano in Parlamento persone che non sanno (che è umano) e che non vogliono prendersi la briga di sapere (che è colpevole) ne avevamo già, non avevamo bisogno che Grillo ce la presentasse come una « rivoluzione ».
Originaire de Parme (Italie) chercheur en linguistique au CNRS (laboratoire CLLE-ERSS de Toulouse, dont il est directeur adjoint depuis 2010), Fabio MONTERMINI a enseigné dans les universités de Parme, Milano Bicocca et Toulouse le Mirail.
Il s'occupe principalement de morphologie de l'italien et des autres langues romanes. Depuis quelques années, il collabore avec la revue RADICI en proposant des articles de vulgarisation linguistique mais aussi des sujets d'actualité sur la société italienne et l'émigration. Il est membre du comité de direction de l'Institut de Linguistique Française et du comité exécutif de la Société de Linguistique Italienne.