Da percorso iniziatico a vizio perverso. Da peccato mortale a malattia. Le relazioni omosessuali nel corso della storia.
“Sono monogamo perché credo nella monogamia” ha confidato recentemente Tiziano Ferro, ospite di una trasmissione della tv spagnola, al conduttore, gay dichiarato. “Ma soprattutto perché è stato così difficile incontrare il mio compagno: sai, in Italia, gli omosessuali non esistono”. L’ironia del cantautore italiano, che solo nel 2010 si è deciso a dichiarare pubblicamente la sua omosessualità, fotografa la situazione dei gay nel nostro Paese: ufficialmente inesistenti. E in particolare delle coppie gay, tuttora prive di diritti. Ben altro clima rispetto alla Spagna, dove del 2005 possono perfino sposarsi e adottare bambini. Ma anche, va detto, rispetto a paesi come l’Iran, dove avere rapporti omosessuali può costare la vita. Le condizioni, insomma, cambiano in modo abissale da un paese all’altro. Perché queste differenze? Per capirlo bisogna fare un salto indietro nella Storia, partendo da quella che fu la culla della civiltà occidentale: la Grecia classica.
Un cammino iniziatico
La prima storia d’amore scritta nella letteratura è, in effetti, una storia omosessuale. Anche se a scuola gli insegnanti tendono a presentarla come una grande amicizia, non v’è dubbio alcuno sulla reale natura della relazione tra Achille e Patroclo, narrata da Omero nell’Iliade intorno al IX secolo a.C. Nel poema è proprio la morte di Patroclo per mano di Ettore a scatenare la furia assassina di Achille contro l’eroe troiano, fino alla vittoria finale degli Achei. “Nell’antichità erano frequenti le relazioni tra eroi in guerra” conferma Paolo Pedote, autore del recente Storia dell’omofobia (Odoya). “Si trattava di un rapporto socialmente valorizzato, anche perché alleviava le angosce dei conflitti bellici”.
Le coppie omosessuali tipiche della Grecia tra l’VIII e il III secolo a.C. avevano però altre caratteristiche rispetto a quanto narra il mito: erano espressione dell’amore “pederastico”, una sorta di istituzione civica, di cui veniva riconosciuta una funzione più che positiva, ovvero educativa. Un uomo di una certa età, l’erastes, si faceva carico di introdurre alla conoscenza (erotica ma non solo) un giovane adolescente, l’eromenos. La coppia si scioglieva quando quest’ultimo superava la pubertà: con barba e muscolatura virile il ragazzo diventava un cittadino libero e l’operazione pedagogica poteva dirsi conclusa.
“Sostenere che la cultura greca promuoveva i rapporti omosessuali, però, non è del tutto esatto” riconosce Pedote. “Platone, nel suo tentativo di immaginare una società ideale, fu il primo a esaltare la sessualità eterosessuale”. Coniò perfino un’espressione che ebbe molta fortuna: la distinzione tra i rapporti kata physin (secondo natura) e para physin (contro natura), sottolineando che solo i primi, finalizzati alla procreazione, erano conformi alle regoli sociali. Non dava alcun giudizio morale sui secondi, ma finì col fornire una legittimazione filosofica alle future leggi contro l’omosessualità. Per le quali, però, si dovette aspettare ancora un certo tempo.
Nell’antica Roma futuere (da cui “fottere”) era considerato virile, tant’è che non era insolita la pratica di sodomizzare i nemici in guerra. Qualche pregiudizio, più in termini di sfottò che di biasimo, era riservato solo agli omosessuali “passivi”. Giulio Cesare, per esempio, che in gioventù aveva avuto una relazione con il re di Bitinia Nicomede IV, venne definito dai suoi detrattori “regina di Bitinia”.