Giornalista, saggista, regista, da dieci anni prende nota di tutti i migranti che muoiono nel Mediterraneo mentre cercano, invano, di raggiungere il nostro continente. RADICI incontra il 33enne Gabriele Del Grande.
Il suo blog, Fortress Europe, “Fortezza Europa”, rappresenta oggi la principale attività di monitoraggio del fenomeno migrazione. Soprattutto è una lunga, interminabile raccolta di storie di individui, perché ognuno di quei 312, di quei 49 o di quei ventimila che hanno perso la vita in mare prima della frontiera hanno diritto a un nome e a un ricordo. Temi che Gabriele Del Grande ha ripreso anche, nel 2014, nel film documentario Io sto con la sposa e, ancora prima, nel libro Mamadou va a morire.
Nel tuo film insceni un corteo nuziale per far superare la frontiera a cinque profughi siriani e palestinesi. Parafrasando il titolo: chi è la sposa, oggi, con la quale dobbiamo stare?
Il titolo ha un doppio significato. Innanzitutto è uno slogan politico perché vuol dire stare dalla parte di chi viaggia e di chi muore in mare per oltrepassare una frontiera. Allo stesso tempo è la risposta che nel viaggio davamo a ogni controllo, perché nessuno osa fermare un corteo nuziale. In tutti e due i casi, il messaggio è che bisognerebbe guardare un po’ più lontano, pensare a un “noi” laddove ci vogliono far vedere un “noi” e un “loro”.