“Non sono solita soffermami sui sondaggi, ma constatare che, a due anni dalla nascita del nostro governo, la fiducia degli italiani nella coalizione di centrodestra non solo rimane solida ma continua a crescere, è per noi un grande motivo di orgoglio.”
(da un post di Giorgia Meloni su X l’8 ottobre 2024)
ROCCO FEMIA
C’è in questa frase l’inspiegabile paradosso che più le cose peggiorano nell’Italia reale, più cresce nei sondaggi il consenso a favore di Giorgia Meloni e del suo governo. Al di là dei risultati statistici, questo fenomeno politico e mediatico merita di essere analizzato con la distanza critica dell’obiettività. In effetti, sono rimasto sorpreso nel constatare che anche in Francia alcuni miei amici e conoscenti avevano un parere piuttosto favorevole –per non dire talvolta esemplare– sull’azione politica del governo di Giorgia Meloni, pur non apprezzando particolarmente le sue idee.
Nessuno sembra accorgersi delle sue bugie propagandistiche che hanno poco a che fare con la verità, e con i fatti. Dalla sanità al sistema bancario e finanziario, senza dimenticare il flop rappresentato dall’accordo sull’immigrazione con l’Albania.
Niente di meglio allora che ricordare due esempi concreti che illustrano perfettamente la propaganda.
Il primo è quello delle tasse sui carburanti, che Giorgia Meloni aveva detto di voler abolire in campagna elettorale. Fece un attacco contro questi balzelli via Internet pubblicando un video delirante, degno della miglior commedia all’italiana, in cui reclamava l’abolizione delle accise sui carburanti. Ora il suo governo non solo non ha abolito le accise sulla benzina, ma anzi ha aumentato –“progressivamente”– quelle sul diesel, colpendo in modo indiscriminato chi usa il diesel per lavoro o per svago. Ma siccome si tratta solo di propaganda, il governo non parla di “aumento” ma di “allineamento” della tassazione sul gasolio (61,7 centesimi al litro) a quelle sulla benzina (72,8 centesimi) e così l’illusione è servita. Secondo le stime del giornale Il Sole 24 Ore tale misura vale all’incirca 1 miliardo di euro in più di entrate per lo Stato. Prese dalle tasche dei soliti poveri fessi.
Il secondo esempio, la lotta all’immigrazione, è una magnifica favola raccontata da Giorgia Meloni. Porti chiusi e caccia agli scafisti in tutto il globo terracqueo. Vi ricordate quando due settimane dopo la tragedia di Cutro, in Calabria, la notte del 26 febbraio del 2023, che provocò la morte di 94 persone, tra cui 35 bambini, la Meloni promise di chiudere i porti e la caccia agli scafisti in tutto il mondo. La realtà è che l’esodo, sebbene in misura ridotta rispetto agli anni precedenti, continua quotidianamente, ed ha interessato 54.129 persone sbarcate sulle coste italiane tra il 1° gennaio e il 15 ottobre di quest’anno (dati ministero dell’Interno), senza contare gli arrivi dalla “rotta balcanica”.
Eppure l’argomento sembra essere diventato un buco nero, come se l’urgenza fosse scomparsa e il problema fosse stato risolto grazie all’accordo raggiunto con l’Albania. Questa è la storia tristemente ridicola delle ultime settimane. In pratica l’accordo doveva permettere di trasferire gli immigrati dall’Italia all’Albania. Renderli invisibili nel nostro Paese e portarli in un centro di accoglienza in Albania costruito dall’Italia e che costerà più di 800 milioni in 5 anni. Un accordo per “esternalizzare” il problema. Ecco l’exploit del governo italiano!
Una manovra politica ben venduta. Ma l’episodio ha un risvolto tristemente comico, e non solo per il numero quasi ridicolo di persone coinvolte: 16 uomini adulti in tutto, provenienti da Egitto e Bangladesh. Una volta arrivati in Albania 4 sono stati costretti a ritornare per motivi di salute, mentre il tribunale competente di Roma ha invalidato la decisione di trasferirli in Albania per l’impossibilità di riconoscere i loro Paesi d’origine come Paesi “sicuri”, costringendo il governo italiano a rimpatriare anche gli altri 12.
Nel momento in cui scrivo, il 23 ottobre, il ridicolo sta purtroppo cedendo il posto al tragico, dato che il governo Meloni dopo essersi reso conto della violazione della legge europea trasferendo gli immigrati in Albania, ha operato un ulteriore tour de force contro le direttive europee arrogandosi, tramite decreto legge, il diritto di decidere quali Paesi possono essere considerati sicuri e quali no rimangiandosi così la lista redatta dai 27. Un’azione forte che dovrebbe quantomeno indurre l’Unione Europea a interrogarsi sulle reali intenzioni di questo governo, nonché sulla sua reale volontà di rispettare gli accordi internazionali sottoscritti in materia di immigrazione.
C’è da dire inoltre che il talento comunicativo di Giorgia Meloni di attaccare chiunque non la pensi come lei fa parte di quel vittimismo a lei cosi congeniale che quando parla, lo fa come se fosse sempre all’opposizione dimenticando che è lei adesso il capo del governo in carica. Lei fa –per così dire– l’opposizione all’opposizione: gioca sempre all’attacco, esercitando questo vittimismo nei confronti di “quelli che ci stavano prima”, come se negli ultimi trent’anni il centrodestra (lei compresa insieme a Berlusconi) non fosse stato quattro volte al governo. Il risultato è una subdola strategia di persuasione che distorce i fatti e mistifica la realtà.
E molti italiani ingoiano tutto, insieme agli insulsi e inutili leader politici europei come Ursule von der Leyen o il britannico Keir Starmer che addirittura vorrebbe ispirarsi del modello Meloni.
Tutto ciò è reso possibile dall’esistenza di un potente apparato mediatico, formato dalle televisioni pubbliche –i cui direttori sono nominati dal governo, sia di destra che di sinistra– e dalle televisioni private del gruppo Mediaset –vicino al partito di Forza Italia– che ribadiscono con forza e chiarezza i risultati dell’azione del governo, in particolare attraverso il programma della rassegna stampa televisiva, molto popolare in Italia.
È quindi inevitabile che attorno al governo si formi un consenso “inconsapevole”, ideologizzato e acritico, di quella parte dell’opinione pubblica che non sa o non vuole sapere, preferendo ignorare la verità. Benvenuti nell’Italia politica della Meloni.
R.F.
Rocco Femia, éditeur et journaliste, a fait des études de droit en Italie puis s’est installé en France où il vit depuis 30 ans.
En 2002 a fondé le magazine RADICI qui continue de diriger.
Il a à son actif plusieurs publications et de nombreuses collaborations avec des journaux italiens et français.
Livres écrits : A cœur ouvert (1994 Nouvelle Cité éditions) Cette Italie qui m'en chante (collectif - 2005 EDITALIE ) Au cœur des racines et des hommes (collectif - 2007 EDITALIE). ITALIENS 150 ans d'émigration en France et ailleurs - 2011 EDITALIE). ITALIENS, quand les émigrés c'était nous (collectif 2013 - Mediabook livre+CD).
Il est aussi producteur de nombreux spectacles de musiques et de théâtre.