E tu vatti a fidare degli artisti! Deve aver pensato grosso modo così Alfonso I d’Este (1476-1534), duca di Ferrara, quando capì come stavano andando gli affari con il pittore urbinate Raffaello Sanzio (1483-1520). Il mecenate gli commissionò un dipinto dal titolo Trionfo di Bacco, a cui teneva molto. Lo conferma il fatto che versò all’artista un lauto anticipo. Le cose non andarono però come lui sperava: una lettera datata 21 marzo 1517 certifica infatti come Alfonso, non avendo avuto più notizie dall’artista, abbia sollecitato insistentemente la consegna del dipinto promesso. Per tutta risposta Raffaello, che evidentemente a tutto pensava fuorché a dipingere quella tela, cercò un escamotage: gli inviò un lavoro o, meglio, un “avanzo di magazzino” infiocchettato. Si trattava di un cartone preparatorio, intitolato Giustificazione di Leone III, realizzato per gli affreschi degli appartamenti papali ai quali l’artista aveva lavorato a Roma.
Il duca di Ferrara non gradì, andò su tutte le furie e non si arrese. Tornò alla carica più volte e la diatriba andò avanti per almeno tre anni, passando dai solleciti alle minacce. Si dice che il mecenate lo abbia addirittura apostrofato con queste parole: “Non provocare odio nostro ove portammo amore”. Tutto si rivelò inutile. Il Trionfo di Bacco non fu mai dipinto e solo nel 1520, dopo la morte prematura di Raffaello a soli 37 anni, Alfonso d’Este riuscì ad avere indietro il denaro versato anni prima.