Molti stereotipi regionali, alla base dei nostri pregiudizi, hanno radici storiche. E hanno dato vita a campanilismi che resistono da secoli.
I genovesi sono taccagni, i torinesi “falsi e cortesi”, i fiorentini intelligenti e i siciliani permalosi. Sono solo alcuni degli stereotipi più diffusi tra quelli sulle differenze regionali. Ma come si sono affermate queste convinzioni e che fondamento hanno? Quasi sempre si tratta di stereotipi. Il termine fu coniato da un giornalista statunitense: Walter Lippmann. Era il 1922 e nel suo libro L’opinione pubblica chiamò così le conoscenze fisse e impermeabili a ogni critica che stanno alla base delle nostre rappresentazioni del mondo. In altre parole, i pregiudizi con cui ci facciamo un’idea della realtà. E gli stereotipi influenzano molte delle decisioni che prendiamo. Con le conseguenze del caso: aspettarsi che una persona sia furba perché è napoletana porterà a vedere la furbizia in tutti i comportamenti dei napoletani. Non riconoscendo i casi di onestà e lealtà di quel gruppo.