L’Italia di questi anni è un vero tormento per chi come noi all’estero la ama e vorrebbe difenderla dal più profondo del cuore. Un paese che è diventato un territorio senza più ragioni morali ed etiche. Detto in parole povere, ognuno fa quello che vuole, senza nemmeno più il timore di essere scoperto nell’errore. Non è più dilazionabile la richiesta di una maggiore etica nella vita privata e in quella pubblica del paese. Non possiamo più accettare in silenzio le regole di un sistema politico-sociale che della democrazia ha solo il nome, ma non la sostanza. E non è, attenzione, una questione di moralismo a basso costo. È proprio una necessità vitale per la società e per il prosieguo dell’avventura democratica di questo nostro paradossale paese. Senza questo coraggio rischiamo veramente di fare la fine della Grecia.
I problemi che ha l’Italia sono tali e tanti da far tremare le vene ai polsi a chiunque. Lacerarsi in conflitti costanti tra maggioranza e opposizione ha messo il paese in stallo. Quello stesso paese che nei referendum del 12 e 13 giugno scorso, ha rivolto a Berlusconi un messaggio chiaro: la maggioranza che è alle camere e che sorregge l’esecutivo è oggi minoranza nel paese. La politica dell’aggressione e della paura, indipendentemente da quale sarà il destino di Berlusconi, è arrivata al capolinea.
Ma attenzione, gli elettori hanno dato fiducia alla speranza e al cambiamento e non necessariamente all’opposizione di sinistra. Hanno detto chiaramente che non ne possono più di questa Italia alla rovescia propagandata dalla politica e dai suoi media: di questa Italia che chiama pazzi i giudici che tentano di far rispettare la legge e indica invece come esempio chi è amico della mafia, di questa Italia che premia i furbi e penalizza gli onesti, di questa Italia che ritiene giusto privilegiare «l’essere figlio di» piuttosto che il merito. Dei tanti italiani che fino a ieri – allargando le braccia compiaciuti – hanno continuato a ripetere: che ci volete fare, gli italiani siamo fatti così. No, gli italiani non sono fatti così. Sono meglio. E lo hanno dimostrato.
Ora, però, è tutta un’altra storia. La strada per il Paese è più in salita di prima, perché Berlusconi non ha nessuna intenzione di lasciare Palazzo Chigi e lo ha fatto capire chiaramente. Non può farlo.
Rocco Femia, éditeur et journaliste, a fait des études de droit en Italie puis s’est installé en France où il vit depuis 30 ans.
En 2002 a fondé le magazine RADICI qui continue de diriger.
Il a à son actif plusieurs publications et de nombreuses collaborations avec des journaux italiens et français.
Livres écrits : A cœur ouvert (1994 Nouvelle Cité éditions) Cette Italie qui m'en chante (collectif - 2005 EDITALIE ) Au cœur des racines et des hommes (collectif - 2007 EDITALIE). ITALIENS 150 ans d'émigration en France et ailleurs - 2011 EDITALIE). ITALIENS, quand les émigrés c'était nous (collectif 2013 - Mediabook livre+CD).
Il est aussi producteur de nombreux spectacles de musiques et de théâtre.