La mancata qualificazione dell’Italia ai prossimi Mondiali di calcio è una sconfitta non solo per il pallone azzurro ma anche per le tasche e gli umori di un intero Paese.
In un calcio sempre più business e che in Italia rappresenta la dodicesima industria per giro di affari, con un fatturato di 3,7 miliardi di euro e oltre 40mila lavoratori (dati FIGC – Federazione Italiana Gioco Calcio), la mancata qualificazione ai Mondiali di calcio della Nazionale azzurra va oltre l’apocalisse sportiva paventata dall’ormai ex presidente della Federcalcio Carlo Tavecchio.
E sì, perché l’Italia che non va ai Mondiali è anche una brutta botta per il portafoglio del Paese, desideroso delle “partite importanti” degli azzurri per tirar su un po’ di soldi. Secondo Il Sole 24 Ore, l’eliminazione porterà una perdita di circa 100 milioni di euro tra sponsorizzazioni, diritti tv e premi Fifa. Questi ultimi, annunciati proprio dall’organismo internazionale, ammontano a: 8,1 milioni di euro garantiti a ogni Paese qualificato, tra bonus per i costi di preparazione al torneo e le partite dei gironi, ulteriori 10 milioni per l’approdo agli ottavi, 13 per i quarti, 17 per la quarta posizione, 19 per la terza, 23 per la finale e ben 31 milioni di euro per la vittoria.
Biagio Picardi
Nato a Lagonegro, un paesino della Basilicata, e laureato in Scienze della Comunicazione, vive a Milano. Oltre che per Radici attualmente scrive per Focus Storia e per TeleSette e realizza gli speciali biografici Gli Album di Grand Hotel. In precedenza è stato, tra gli altri, caporedattore delle riviste Vero, Stop ed Eurocalcio e ha scritto anche per Playboy e Maxim. Nella sua carriera ha intervistato in esclusiva personaggi come Giulio Andreotti, Alda Merini, Marcello Lippi, Giorgio Bocca e Steve McCurry.