Sottovoce e discretamente, nel 1954 “mamma Rai” entra nelle vite degli italiani. Da Lascia o raddoppia? ai reality-show: quanto ci ha cambiati la televisione?
Lei si chiama Fulvia Colombo. Ha 27 anni ed è figlia di un alto dirigente della Fiera di Milano. Di professione, da quell’istante, fa l’annunciatrice. O, come si dirà in seguito, “la signorina buonasera”. Alle 11 del 3 gennaio 1954 si presenta sullo schermo dei fortunati possessori dei primi televisori e annuncia: «La Rai radiotelevisione italiana inizia oggi il suo regolare servizio di trasmissioni televisive». Dopo oltre vent’anni di sperimentazioni, così, la “macchina spaventosa” (come la definisce il giornalista de La Stampa Luigi Barzini) fa il suo esordio ufficiale anche in Italia, all’inizio soprattutto al Nord e poi, con l’installazione di più ripetitori, in tutta Italia (1957). Ed è davvero una rivoluzione senza precedenti, capace di cambiare gli italiani nelle abitudini, nelle conoscenze e nel linguaggio. Piano piano, infatti, il nuovo mezzo soppianta la radio grazie alla possibilità di far vedere seppure in bianco e nero “paesi vicini e lontani” e insegna l’Italiano anche nei piccoli centri, dove ancora domina il dialetto. Soprattutto, come scrive il professore Franco Monteleone, «mostra a tanti italiani un mondo vicino eppure ancora sconosciuto fino ad allora, dove la gente si lava nelle vasche da bagno, abita in case decorose, prepara cibi in cucine accoglienti».
Il primo programma si chiama Arrivi e partenze, con un giovanissimo Mike Bongiorno che intervista italiani e stranieri nelle stazioni e negli aeroporti. Anche se a trasmettere è soltanto un canale, il “Programma Nazionale”, guardare la televisione diventa un vero e proprio rito. Gli abbonati che pagano il canone di 18mila lire sono ancora pochi, circa 15mila, ma persone di ogni ceto ed età si ritrovano nei bar oppure bussano alla porta del vicino più facoltoso per vedere, il giovedì sera e portandosi la sedia da casa, Lascia o raddoppia?, quiz condotto dal 1955 ancora da Bongiorno. È così nei piccoli centri come nelle grandi città: il papà chiude il negozio un po’ prima del solito, si cena in tutta fretta e ben vestiti, al gran completo, si va dagli amici che hanno il televisore. In cambio, per sdebitarsi dell’ospitalità, la mamma porta con sé un dolce fatto in casa, da mangiare insieme durante il programma. La macchina spaventosa, insomma, entra nelle case degli italiani e vi si accomoda, decisa a non uscirne più. Basti pensare che tra il 1954 e il 1957 gli abbonamenti alla Tv arrivano a 600mila, toccando il milione l’anno dopo. Anche i politici e la Chiesa, inizialmente preoccupati, decidono di sfruttarne la potenza comunicativa. Tanto che i primi e stringati palinsesti già risentono dell’influenza della Democrazia Cristiana e della censura che, ad esempio, nel 1956 sospende il varietà La piazzetta perché la ballerina Alba Arnova indossa una calzamaglia così aderente da sembrare nuda, almeno agli occhi di allora. Le stesse “signorine buonasera” devono essere sì molto belle, ma non sexy. Mogli, insomma, non certo amanti.
Biagio Picardi
Nato a Lagonegro, un paesino della Basilicata, e laureato in Scienze della Comunicazione, vive a Milano. Oltre che per Radici attualmente scrive per Focus Storia e per TeleSette e realizza gli speciali biografici Gli Album di Grand Hotel. In precedenza è stato, tra gli altri, caporedattore delle riviste Vero, Stop ed Eurocalcio e ha scritto anche per Playboy e Maxim. Nella sua carriera ha intervistato in esclusiva personaggi come Giulio Andreotti, Alda Merini, Marcello Lippi, Giorgio Bocca e Steve McCurry.