Alla vigilia delle elezioni europee, è tempo di bilanci: l’Europa dell’euro e della grande finanza è l’unica possibile? È questa l’Europa pensata e voluta dai padri fondatori?
Nella sua ultima pubblicazione Contro la dittatura del presente (editore Laterza), Gustavo Zagrebelsky, ex presidente della Corte costituzionale, fa una lucida analisi della situazione storica che ha portato l’Italia e altri paesi del Sud Europa ad essere dipendenti dal mercato finanziario. La sua è una constatazione che ha il privilegio della chiarezza : con il predominio del capitalismo finanziario lo Stato non è più intriso delle decisioni autonome del popolo sovrano, ma è costretto ad adottare le “riforme” dettate dai mercati internazionali. Apparentemente semplice, questa affermazione rivela il vero male della politica europea: la dipendenza evidente di molti Stati “sovrani” dalla finanza privata. Dipendenza che ha la sua origine nell’enorme debito pubblico che questi paesi hanno accumulato, per decenni, nei confronti di grandi investitori privati ai quali hanno chiesto denaro, mediante emissione di titoli di Stato, per fare fronte alle proprie spese.
Ora, risulta chiaramente che quanto più uno Stato è gravato dal debito pubblico tanto più è esposto al potere della finanza, la quale detta le condizioni (tassi d’interesse, ecc.) per continuare a finanziare lo Stato debitore.