Il 29 luglio 1976 è una data importante nella storia dello sviluppo civile e delle pari opportunità in Italia. Il Presidente del Consiglio Giulio Andreotti nomina come ministro del Lavoro Tina Anselmi, insegnante ed ex sindacalista.
La prima donna a diventare ministro nella storia d’Italia. Sembra incredibile perché 45 anni non sono tanti e questo dovrebbe dare la misura del ritardo e del lavoro che resta da fare sul piano dei diritti e della parità di genere.
Ci sono momenti nella vita in cui all’improvviso tutto si fa chiaro ed è allora che finalmente si sceglie da che parte stare. Per Tina Anselmi, prima donna ministro della storia d’Italia, quel momento arrivò quando, a soli 17 anni, fu costretta dai fascisti ad assistere all’impiccagione di un gruppo di giovani partigiani. Fu in quel preciso istante che prese la decisione di entrare nella Resistenza, divenendo staffetta nella brigata autonoma “Cesare Battisti” con il nome in codice di Gabriella, un ingresso che le avrebbe consentito di non rimanere inerte di fronte a un mondo sprofondato nel baratro, ma di partecipare. Partecipare significava assicurarsi il diritto di decidere: “per cambiare il mondo – sosteneva Tina Anselmi – bisognava esserci”.