Fin dai primi anni di scuola, siamo stati abituati a pensare le lingue come insiemi separati, dai margini definiti: in Italia si parla italiano, in Francia francese. L’inglese, meravigliosa eccezione, serve anche da lingua franca al resto del mondo. E all’inglese dobbiamo fare attenzione, perché la sua popolarità rischia di insinuarsi nella nostra lingua fino ad imporre nell’uso comune termini fino a qualche tempo fa sconosciuti.

La purezza della lingua è in realtà un concetto molto più opaco di quanto possiamo immaginare, perché se oggi è l’inglese a bussare alle porte dell’Accademia della Crusca o dell’Académie Française, fino a qualche tempo fa questo ruolo “inquinante” era ricoperto dal francese, e ancora prima dall’italiano.

L’andamento della “popolarità” di una lingua non è lasciato al caso. L’economia scrive la storia, e se l’inglese e il francese sono oggi le due lingue più studiate al mondo è grazie alla loro importanza sul mercato mondiale e al passato espansionistico dei loro paesi d’origine. Anche la lingua italiana ha conosciuto un apogeo tra il XVI e il XVIII secolo, ben prima dell’Unità politica dell’Italia, e subito dopo il Rinascimento.

Francesca Vinciguerra

Pour lire la totalité de l’article abonnez-vous à la revue

Francesca Vinciguerra
Plus de publications

Née en 1991 à Lanciano, Francesca Vinciguerra a récemment obtenu son diplôme en littératures française et européenne dans les universités de Turin et de Chambéry, avec un mémoire en littérature post-coloniale française. Depuis septembre 2016, elle vit à Toulouse, ville où elle a entrepris une collaboration avec la revue RADICI et a terminé un service civique avec l’association de musique baroque Ensemble baroque de Toulouse.