La campagna elettorale per le politiche è entrata, come si dice, nel vivo, e la lotta si svolge, naturalmente, anche sul piano dell’immagine e della comunicazione. Ovviamente, molto ci sarebbe da dire (ed è stato detto) sulla comunicazione politica ed elettorale come si svolge attualmente in Italia. Qui però voglio soffermarmi su un elemento apparentemente marginale, ma che presenta spunti di riflessione molto interessanti.

Quasi contemporaneamente, infatti, nei giorni scorsi ho scoperto su Internet le canzoni che accompagneranno la campagna di alcuni dei principali schieramenti. Ovviamente, l’inno politico esiste da sempre, tutti i grandi partiti, i regimi e le ideologie hanno avuto i loro canti-simbolo. Quella che chiamerei la « canzonetta elettorale », tuttavia, sembra essere diventata un elemento fondamentale del kit di propaganda di ogni partito. Non sono certo un fautore del « tutti uguali » in politica, soprattutto in queste elezioni. Dal punto di vista della comunicazione politica, tuttavia, ci sono certamente vari elementi che accomunano tutti gli schieramenti, ad esempio il tentativo – più o meno riuscito – di investire la Rete, di essere moderni, informali e di parlare alla e come la gente. L’evoluzione dell’inno politico che sono le canzonette elettorali, perlomeno quelle che ho visto io, costituiscono precisamente un elemento fondamentale di omogeneità nella comunicazione di tutti i partiti. E se dico « ho visto » non è per caso, dato che queste canzonette sono immancabilmente accompagnate da un filmato, magari da far circolare in maniera virale sul Web.

Nel caso specifico, anzi, sono forse i filmati ad essere più interessanti e significativi delle canzoni stesse. A parte il Partito Democratico, che ha scelto una canzone di Gianna Nannini, il cui elemento più politico sembra essere il titolo (Inno), ma che per il resto rimane una scelta abbastanza criptica, le canzoni elettorali hanno più o meno le stesse caratteristiche: musica insignificante, testi semplici e idee talmente vaghe e generiche che è praticamente impossibile non riconoscervisi. Il Movimento 5 stelle di Beppe Grillo ha scelto la canzoncina di due sconosciuti (Leonardo Metalli e Raffaello Di Pietro) che, sull’aria della taranta, esalta il potere della Rete e la forza del popolo che vi si riconosce. Il Pdl, dal canto suo, ha una canzone tra i cui autori del testo e della musica (e come poteva essere altrimenti?) compare Silvio Berlusconi che esalta le doti della (come recita il titolo) Gente della libertà. L’analisi dei temi di queste canzoncine sarebbe già un bell’esercizio in sé, e non è detto che non lo faccia, uno di questi giorni.

E’ però altrettanto interessante, se non di più, guardare i filmini che accompagnano queste canzoni, che, pur nella loro somiglianza, la dicono lunga sull’atteggiamento con cui i diversi partiti si preparano alla scadenza elettorale. I tre filmati che ho visto sono tutti costruiti con una giustapposizione di immagini considerate come significative, più o meno come il filmino del matrimonio o delle vacanze che al giorno d’oggi chiunque può fare con il pc di casa. Vediamoli uno per uno.

Il video del PD è un montaggio di immagini di Pierluigi Bersani (alla faccia dei partiti personali come cancro della politica da lui stesso denunciati pochi giorni fa) in varie situazioni, comizi, meeting, incontri con persone di diverso tipo, comunque sempre « tra la gente ». In molti casi il segretario del PD è ritratto in maniche di camicia o con un giubbetto. Poi a un certo punto c’è una svolta; in un’immagine si vede Bersani uscire da un palazzo presidenziale (immagino l’Eliseo, visto che ci sono delle bandiere francesi), Bersani con Hollande, delle persone che esultano, e varie altre immagini di Bersani, questa volta sempre in vestito grigio e cravatta e con meno gente intorno, fino all’immagine finale in cui ha un piglio decisamente « presidenziale ». Il filmato in questione mostra chiaramente le ambizioni e le speranze del PD (a quanto pare giustificate dai sondaggi) ed è l’unico, dei tre, che racconta veramente una storia.

Il video del M5S mostra, da una parte, varie immagini destinate a rappresentare l’alienazione dell’uomo moderno, immagini prese da Metropolis, da The Wall dei Pink Floyd e altri film che non ho riconosciuto, immagini di barboni in giro per le città, e dall’altra parte da immagini che mostrano i « nemici », o perlomeno quelli a cui ci si oppone, politici e giornalisti famosi. La pars destruens, quindi, quello che non si ama e non si vuole, è molto chiaro. Quando si viene alla pars construens, tuttavia, il messaggio è assai meno leggibile. Sul video scorrono immagini di scontri di piazza, manifestazioni del ’68, Martin Luther King. Il tutto incorniciato da persone che ballano in vari luoghi del pianeta. Insomma, niente di più che un vago richiamo al movimentismo (e alla danza?) come antidoto alle storture del presente.

Ma il video più interessante è senza dubbio quello del Pdl. In questo caso le immagini servono veramente a illustrare il testo della canzone e ne propongono la chiave di lettura. Oltre a una presenza massiccia e ossessiva (ma pensa…) di immagini di Berlusconi e qualche vago richiamo al programma il cui primo, ultimo e unico punto sembra essere « No Imu », gran parte del video è destinato ad additare i « nemici ». Mentre la voce canta « Gente che ama la gente, che non prova invidia che odiare non sa. Gente che non ha rancore che ha come valore la tua libertà », senza nessuna paura della contraddizione, sul video scorre una vera e propria lista di proscrizione, in cui, in ordine sparso, si dice no a personaggi o cose diverse come la Camusso, Saviano, la Repubblica, Hamas, la burocrazia, i radical chic, le coop… A dispetto delle belle parole della canzone (e chi può non identificarsi?) si legge un elenco di una violenza inaudita in cui, con la tecnica della giustapposizione – la più elementare del mondo – si suggerisce che Saviano e Hamas siano la stessa cosa, com’è verosimile che nella testa di un certo numero di elettori berlusconiani tutti questi personaggi e fenomeni « cattivi » siano confusi in un unico calderone.

La seconda parte del video, poi, si impegna a fare a pezzi gli avversari politici, e in particolare Monti. Anche qui la tecnica narrativa e di montaggio è assai elementare: vari politici ostili (Monti, Bersani, Fini e Casini) vengono mostrati con facce che ispirano decisamente poca fiducia (si sa che la scelta delle foto, in questi casi, è fondamentale) e tutti in manifesti che dicono « vota PD ». Quello che colpisce di più sono l’odio e il risentimento che emergono dalle immagini, che stridono fortemente con le parole della canzone. Quale esemplificazione migliore di quella manomissione delle parole di cui ho già parlato in un post precedente, in cui concetti semplici e apparentemente condivisibili da tutti diventano invece uno strumento di divisione e violenza?

Insomma, ognuno dei filmati e delle canzoni in questione, utilizzando una tecnica semplice ed immediata, suggerisce agli elettori di un determinato partito quali sono gli elementi chiave di queste elezioni. E’ certo che esse sono assai efficaci per parlare a chi è già convinto, che contribuiscono a rafforzare il suo sentimento di appartenere a un gruppo di persone che la pensano come lui, e che pensandola come lui sono nel giusto. Più dubbia è la loro efficacia nel convincere gli indecisi o addirittura gli avversari politici a votare per tale o tale schieramento.

Fabio Montermini
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Originaire de Parme (Italie) chercheur en linguistique au CNRS (laboratoire CLLE-ERSS de Toulouse, dont il est directeur adjoint depuis 2010), Fabio MONTERMINI a enseigné dans les universités de Parme, Milano Bicocca et Toulouse le Mirail.
Il s'occupe principalement de morphologie de l'italien et des autres langues romanes. Depuis quelques années, il collabore avec la revue RADICI en proposant des articles de vulgarisation linguistique mais aussi des sujets d'actualité sur la société italienne et l'émigration. Il est membre du comité de direction de l'Institut de Linguistique Française et du comité exécutif de la Société de Linguistique Italienne.